Hai mai pensato che il risultato di cui hai bisogno necessiti di un pensiero più ampio?
Le PMI Italiane hanno vissuto il loro massimo splendore in un momento storico caratterizzato da una domanda crescente: la seconda metà del XX secolo ha aperto gigantesche opportunità a chi avesse voglia di fare, di crescere, di costruire.
Forse in quel mentre non si poteva comprendere quanto si è capito in seguito, ovvero che un sistema industriale orientato al prodotto è scarsamente competitivo. Forse allora ognuno pensava di essere in guerra con la concorrenza, ma la storia ha dimostrato il contrario: alla fine degli anni ’90, il sistema industriale product-oriented è definitivamente tramontato (ci sono studiosi ben più importanti di noi ad affermarlo).
Quando la crescita economica ha iniziato a segnare il passo, qual è stata la ricetta principale dell’imprenditore italiano? Quella del curriculum vitae. È nato così un fenomeno che ancora oggi rappresenta il pivot principale (e fallace) su cui ruota il desiderio di crescita delle PMI. Si cercano professionisti, ancora specifici (leggi anche mono-disciplinari, a volte addirittura monocorde), che possano portare risultati rigorosamente nel breve termine: “prendo il direttore commerciale da quel competitor, l’operation manager da quell’altro, il fornitore di quello e il distributore di quell’altro e il gioco è fatto”.
Per fortuna, non funziona così.
Primo: un vero risultato aziendale non è mai frutto di un elemento esterno – a meno che quest’elemento non si integri con l’azienda e ne diventi agente di cambiamento, e anche in questo caso sarebbe un successo dell’azienda e non del singolo.
Secondo: ciò che è stato fatto altrove non è detto che possa essere replicato nella tua PMI, e comunque mai tout-court: c’è bisogno di adattamento reciproco per creare una nuova alchimia vincente.
Terzo: ma chi ha detto che “quel direttore commerciale” ha costruito il successo dell’azienda? E se invece l’avesse rallentato, se non vedessero l'ora di toglierselo dai piedi? Come possiamo dare valore al suo specifico operato pregresso?
Quarto: questo signore ha ancora voglia di mettersi in discussione e ripartire? O sta mettendo a valore le proprie esperienze?
Queste e mille altre domande dovrebbero sorgere nella mente dell’imprenditore quando si presenta la necessità di un cambio di rotta. Ma molto spesso non accade, e noi di Mark Adler® abbiamo individuato le tre ragioni principali che stanno alla base di questa “cecità”:
1. L’imprenditore cerca risultati a breve termine – trascurando il fatto che avranno anche vita breve e che quindi non riuscirà a costruire nulla
2. Lo sviluppo di un’azienda passa necessariamente da un forte commitment, ma è un lavoro troppo difficile e periglioso (pensate quanto sarebbe delicato spostare i recinti di tutti i piccoli orticelli che nascono nelle aziende…)
3. Tutto deve cambiare perché tutto resti com’è: la PMI padrone-centrica è finita da un pezzo, ma pare che molti non se ne siano accorti e continuino ad assumere yesmen.
Questo è un mondo competitivo, dove quel che hai fatto ieri non conta più. Vale per il manager come per le aziende.
Se vuoi stare sul mercato e mettere in sicurezza la tua posizione, o ancora meglio accrescerla, devi ragionare con professionisti che ti coinvolgano con valori, azioni e intenzioni che germogliano direttamente sulla tua azienda, e non mutuando esperienze del passato.
La ricetta di Mark Adler® per uscire dal pericolo del curriculum è semplice ed efficace: Caro imprenditore, quando cerchi un manager, valutane prima di tutto:
Le qualità personali – i vecchi valori che in molti stanno dimenticando.
Le motivazioni – vieni per vincere una battaglia o per parlarci di quelle del passato?
Le competenze – sei una monade in un mondo estraneo o sei capace di integrare il tuo fare in un’ottica multidisciplinare, possibilmente con un bagaglio culturale elevato?
Le esperienze – forse, se l’hai già fatto, è un vantaggio. Ma potrebbe anche essere il contrario.